Benvenuti nel mio blog "Gesù il Dio con noi". In questo blog sono raccolti e raccontati i miracoli di Gesù nel Vangelo e le manifestazioni di Dio nella storia e nella vita dei Profeti. Da marzo 2014 anche cronistoria degli eventi non straordinari raccontati nella Bibbia. In fondo a questo blog, potete trovare anche una raccolta video di religione. Buon proseguimento.

mercoledì 13 maggio 2015

Eliseo e lo scudiero

Dal 2' Libro dei Re: (Quel giorno, Eliseo disse: «Ascoltate la parola del Signore! Così dice il Signore: “A quest’ora, domani, alla porta di Samaria un sea di farina costerà un siclo e anche due sea di orzo costeranno un siclo”». Ma lo scudiero, al cui braccio il re si appoggiava, rispose all’uomo di Dio: «Già, il Signore apre le cateratte in cielo! Avverrà mai una cosa simile?». Ed egli replicò: «Ecco, tu lo vedrai con i tuoi occhi, ma non ne mangerai».
Ora c’erano quattro lebbrosi sulla soglia della porta. Essi dicevano fra di loro: «Perché stiamo seduti qui ad aspettare la morte? Se decidiamo di andare in città, in città c’è la carestia e vi moriremo. Se stiamo qui, moriremo. Ora, su, passiamo all’accampamento degli Aramei: se ci lasceranno in vita, vivremo; se ci faranno morire, moriremo». Si alzarono al crepuscolo per andare all’accampamento degli Aramei e giunsero fino al limite del loro accampamento. Ebbene, là non c’era nessuno. Il Signore aveva fatto udire nell’accampamento degli Aramei rumore di carri, rumore di cavalli e rumore di un grande esercito. Essi si erano detti l’un l’altro: «Ecco, il re d’Israele ha assoldato contro di noi i re degli Ittiti e i re dell’Egitto, per mandarli contro di noi». Alzatisi, erano fuggiti al crepuscolo, lasciando le loro tende, i loro cavalli e i loro asini e l’accampamento com’era; erano fuggiti per salvarsi la vita. Quei lebbrosi, giunti al limite dell’accampamento, entrarono in una tenda e, dopo aver mangiato e bevuto, portarono via argento, oro e vesti, che andarono a nascondere. Ritornati, entrarono in un’altra tenda; portarono via tutto e andarono a nasconderlo.
Ma poi si dissero l’un l’altro: «Non è giusto quello che facciamo; oggi è giorno di lieta notizia, mentre noi ce ne stiamo zitti. Se attendiamo fino alla luce del mattino, potrebbe sopraggiungerci un castigo. Andiamo ora, entriamo in città e annunciamolo alla reggia». Vi andarono; chiamarono i guardiani della città e riferirono loro: «Siamo andati nell’accampamento degli Aramei; ecco, non c’era nessuno né c’era voce umana, ma c’erano i cavalli legati e gli asini legati e le tende al loro posto». I guardiani allora gridarono e diedero la notizia all’interno della reggia.
Il re si alzò nella notte e disse ai suoi ufficiali: «Vi dirò quello che hanno fatto a noi gli Aramei. Sapendo che siamo affamati, sono usciti dall’accampamento per nascondersi in campagna, dicendo: “Appena usciranno dalla città, li prenderemo vivi e poi entreremo in città”». Uno dei suoi ufficiali rispose: «Si prendano cinque dei cavalli superstiti che sono rimasti in questa città – avverrà di loro come di tutta la moltitudine d’Israele rimasta in città, come di tutta la moltitudine d’Israele che è perita – e mandiamo a vedere». Presero allora due carri con i cavalli; il re li mandò sulle tracce dell’esercito degli Aramei, dicendo: «Andate a vedere». Andarono sulle loro tracce fino al Giordano; ecco, tutta la strada era piena di abiti e di oggetti che gli Aramei avevano gettato via nella loro fuga precipitosa. I messaggeri tornarono e riferirono al re.
Allora il popolo uscì e saccheggiò l’accampamento degli Aramei. Un sea di farina si vendette per un siclo, e due sea di orzo ugualmente per un siclo, secondo la parola del Signore. Il re aveva messo a guardia della porta lo scudiero, al cui braccio egli si appoggiava. Calpestato dalla folla presso la porta, quello morì come aveva detto l’uomo di Dio, quando aveva parlato al re che era sceso da lui. Avvenne come aveva detto l’uomo di Dio al re: «A quest’ora, domani, alla porta di Samaria due sea di orzo costeranno un siclo e anche un sea di farina costerà un siclo». Lo scudiero aveva risposto all’uomo di Dio: «Già, il Signore apre le cateratte in cielo! Avverrà mai una cosa simile?». E quegli aveva replicato: «Ecco, tu lo vedrai con i tuoi occhi, ma non ne mangerai». A lui capitò proprio questo: lo calpestò la folla alla porta ed egli morì).

giovedì 19 marzo 2015

Vita di San Giuseppe (dalle Scritture bibliche)


Giuseppe nacque probabilmente a Betlemme, il padre si chiamava Giacobbe (Mt 1,16) e pare che fosse il terzo di sei fratelli. La tradizione ci tramanda la figura del giovane Giuseppe come un ragazzo di molto talento e un temperamento umile, mite e devoto.



Giuseppe era un falegname che abitava a Nazareth. All'età di circa trenta anni fu convocato dai sacerdoti al tempio, con altri scapoli della tribù di Davide, per prendere moglie. Giunti al tempio, i sacerdoti porsero a ciascuno dei pretendenti un ramo e comunicarono che la Vergine Maria di Nazareth avrebbe sposato colui il cui ramo avrebbe sviluppato un germoglio. "Ed uscirà un ramo dalla radice di Jesse, ed un fiore spunterà dalla sua radice" (Isaia). Solamente il ramo di Giuseppe fiorì e in tal modo fu riconosciuto come sposo destinato dal Signore alla Santa Vergine.

Maria, all'età di 14 anni, fu data in sposa a Giuseppe, tuttavia ella continuò a dimorare nella casa di famiglia a Nazareth di Galilea per la durata di un anno, che era il tempo richiesto presso gli Ebrei, tra lo sposalizio e l'entrata nella casa dello sposo. Fu proprio in questo luogo che ricevette l'annuncio dell'Angelo e accettò: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

Poiché l'Angelo le aveva detto che Elisabetta era incinta (Lc 1,39), chiese a Giuseppe di accompagnarla dalla cugina che era nei suoi ultimi tre mesi di gravidanza. Dovettero affrontare un lungo viaggio di 150 Km poiché Elisabetta risiedeva ad Ain Karim in Giudea. Maria rimane presso di lei fino alla nascita di Giovanni Battista.

Maria, tornata dalla Giudea, mise il suo sposo di fronte ad una maternità di cui non poteva conoscerne la causa. Molto inquieto Giuseppe combatté contro l'angoscia del sospetto e meditò addirittura di lasciarla fuggire segretamente (Mt 1,18) per non condannarla in pubblico, perché era uno sposo giusto. Infatti, denunciando Maria come adultera la legge prevedeva che fosse lapidata e il figlio del peccato perisse con Lei (Levitino 20,10; Deuteronomio 22, 22-24).

Giuseppe stava per attuare questa idea quando un Angelo apparve in sogno per dissipare i suoi timori: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo" (Mt 1,20). Tutti i turbamenti svanirono e non solo, affrettò la cerimonia della festa di ingresso nella sua casa con la sposa.

Su ordine di un editto di Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutta la terra (Lc 2,1), Giuseppe e Maria partirono per la città di origine della dinastia, Betlemme. Il viaggio fu molto faticoso, sia per le condizioni disagiate, sia per lo stato di Maria oramai prossima alla maternità.

Betlemme in quei giorni brulicava di stranieri e Giuseppe cercò in tutte le locande, un posto per la sua sposa ma le speranze di trovare una buona accoglienza furono frustrate. Maria diede alla luce suo figlio in una grotta nella campagna di Betlemme (Lc 2,7) e alcuni pastori accorsero per fargli visita e aiutarli (Lc 2,16).

La legge di Mosè prescriveva che la donna dopo il parto fosse considerata impura, e rimanesse 40 giorni segregata se aveva partorito un maschio, e 80 giorni se femmina, dopo di che doveva presentarsi al tempio per purificarsi legalmente e farvi un'offerta che per i poveri era limitata a due tortore o due piccioni. Se poi il bambino era primogenito, egli apparteneva per legge al Dio Jahvè. Venuto il tempo della purificazione, dunque, si recano al tempio per offrire il loro primogenito al Signore. Nel tempio incontrarono il profeta Simeone che annunciò a Maria: "e anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,35).

Giunsero in seguito dei Magi dall'oriente (Mt 2,2) che cercavano il neonato Re dei Giudei. Venuto a conoscenza di ciò, Erode fu preso da grande spavento e cercò con ogni mezzo di sapere dove fosse per poterlo annientare. I Magi intanto trovarono il bambino, stettero in adorazione e offrirono i loro doni portando un sollievo alla S. Famiglia.

Dopo la loro partenza, un Angelo del Signore, in apparizione a Giuseppe, lo esortò a fuggire: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e sta la finché non ti avvertirò; perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo" (Mt 2,13).

Giuseppe si mise subito in cammino con la famiglia (Mt 2,14) per un viaggio di circa 500 Km. La maggior parte del cammino si svolse nel deserto, infestato da numerose serpi e molto pericoloso a causa dei briganti. La S. famiglia dovette così vivere la penosa esperienza di profughi lontano dalla propria terra, perché si adempisse, quanto era stato detta dal Signore per mezzo del Profeta (Os XI,1): «Io ho chiamato il figlio mio dall'Egitto» (Mt 2,13-15).

Nel mese di Gennaio del 4 a.C, immediatamente dopo la morte di Erode, un Angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino» (Mt 2,19). Giuseppe obbedì subito alle parole dell'Angelo e partirono ma quando gli giunse la notizia che il successore di Erode era il figlio Archelao ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazareth, perché si adempisse quanto era stato detto dai profeti: «Egli sarà chiamato Nazareno» (Mc 2,19-23).

La S. famiglia, come ogni anno, si recò a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Trascorri i giorni di festa, si incamminarono verso la strada del ritorno credendo che il piccolo Gesù di 12 anni fosse nella comitiva. Ma quando seppero che non era con loro, iniziarono a cercarlo affannosamente e, dopo tre giorni, lo ritrovarono al tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati ti cercavamo». (Lc 2,41-48).

Passarono altri venti anni di lavoro e di sacrificio per Giuseppe sempre accanto alla sua sposa e morì poco prima che suo figlio iniziasse la predicazione. Non vide quindi la passione di Gesù sul Golgota probabilmente perché non avrebbe potuto sopportare l'atroce dolore della crocifissione del Figlio tanto amato.

venerdì 30 gennaio 2015

Noè trova grazia agli occhi di Dio

Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie. I figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». C'erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi. Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Sterminerò dalla terra l'uomo che ho creato: con l'uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d'averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. 

Questa è la storia di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio. 
Noè generò tre figli: Sem, Cam, e Iafet. Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. Dio guardò la terra ed ecco essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra. Allora Dio disse a Noè: «È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un'arca di legno di cipresso; dividerai l'arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l'arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell'arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la porta dell'arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore. Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell'arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell'arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la loro specie, del bestiame secondo la propria specie e di tutti i rettili della terra secondo la loro specie, due d'ognuna verranno con te, per essere conservati in vita. Quanto a te, prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e raccoglilo presso di te: sarà di nutrimento per te e per loro». 
Noè eseguì tutto; come Dio gli aveva comandato, così egli fece.

venerdì 12 dicembre 2014

Dio detta istruzioni a Mosè

Dal Libro dell'Esodo: (Il Signore disse a Mosè: «Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano, solo Mosè si avvicinerà al Signore: gli altri non si avvicinino e il popolo non salga con lui».
Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!».Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d’Israele. Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e bevvero.
Il Signore disse a Mosè: «Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli». Mosè si mosse con Giosuè, suo aiutante, e Mosè salì sul monte di Dio. Agli anziani aveva detto: «Restate qui ad aspettarci, fin quando torneremo da voi; ecco, avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro».
Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte. La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti.

sabato 11 ottobre 2014

Salomone, designato da Davide, è consacrato Re

Il re Davide, presa la parola, disse: «Chiamatemi Betsabea!». Costei si presentò al re e, restando essa alla sua presenza, il re giurò: «Per la vita del Signore che mi ha liberato da ogni angoscia! Come ti ho giurato per il Signore, Dio di Israele, che Salomone tuo figlio avrebbe regnato dopo di me, sedendo sul mio trono al mio posto, così farò oggi». Betsabea si inginocchiò con la faccia a terra, si prostrò davanti al re dicendo: «Viva il mio signore, il re Davide, per sempre!». 
Il re Davide fece chiamare il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà. Costoro si presentarono al re, che disse loro: «Prendete con voi la guardia del vostro signore: fate montare Salomone sulla mia mula e fatelo scendere a Ghicon. Ivi il sacerdote Zadòk e il profeta Natan lo ungano re d'Israele. Voi suonerete la tromba e griderete: Viva il re Salomone! Quindi risalirete dietro a lui, che verrà a sedere sul mio trono e regnerà al mio posto. Poiché io ho designato lui a divenire capo d'Israele e di Giuda». Benaià figlio di Ioiadà rispose al re: «Così sia! Anche il Signore, Dio del re mio signore, decida allo stesso modo! Come il Signore ha assistito il re mio signore, così assista Salomone e renda il suo trono più splendido di quello del re Davide mio signore».

Scesero il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà, insieme con i Cretei e con i Peletei; fecero montare Salomone sulla mula del re Davide e lo condussero a Ghicon. Il sacerdote Zadòk prese il corno dell'olio dalla tenda e unse Salomone al suono della tromba. Tutti i presenti gridarono: «Viva il re Salomone!». Risalirono tutti dietro a lui, suonando i flauti e mostrando una grandissima gioia e i luoghi rimbombavano delle loro acclamazioni.

giovedì 4 settembre 2014

Dio detta a Mosè i suoi precetti sul monte santo


Dal Libro dell'Esodo: (...Poi il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzate. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te, nessuno si trovi sulla cima del monte e lungo tutto il monte; neppure armenti o greggi vengano a pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.

Apparizione divina

Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa' di noi la tua eredità».

Il Signore disse: «Ecco io stabilisco un'alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessun paese e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l'opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te. Osserva dunque ciò che io oggi ti comando. Ecco io scaccerò davanti a te l'Amorreo, il Cananeo, l'Hittita, il Perizzita, l'Eveo e il Gebuseo. Guardati bene dal far alleanza con gli abitanti del paese nel quale stai per entrare, perché ciò non diventi una trappola in mezzo a te. Anzi distruggerete i loro altari, spezzerete le loro stele e taglierete i loro pali sacri. Tu non devi prostrarti ad altro Dio, perché il Signore si chiama Geloso: egli è un Dio geloso. Non fare alleanza con gli abitanti di quel paese, altrimenti, quando si prostituiranno ai loro dèi e faranno sacrifici ai loro dèi, inviteranno anche te: tu allora mangeresti le loro vittime sacrificali. Non prendere per mogli dei tuoi figli le loro figlie, altrimenti, quando esse si prostituiranno ai loro dèi, indurrebbero anche i tuoi figli a prostituirsi ai loro dèi.

Non ti farai un dio di metallo fuso. Osserverai la festa degli azzimi. Per sette giorni mangerai pane azzimo, come ti ho comandato, nel tempo stabilito del mese di Abib; perché nel mese di Abib sei uscito dall'Egitto. Ogni essere che nasce per primo dal seno materno è mio: ogni tuo capo di bestiame maschio, primogenito del bestiame grosso e minuto. Il primogenito dell'asino riscatterai con un altro capo di bestiame e, se non lo vorrai riscattare, gli spaccherai la nuca. Ogni primogenito dei tuoi figli lo dovrai riscattare. Nessuno venga davanti a me a mani vuote.

Per sei giorni lavorerai, ma nel settimo riposerai; dovrai riposare anche nel tempo dell'aratura e della mietitura. Celebrerai anche la festa della settimana, la festa cioè delle primizie della mietitura del frumento e la festa del raccolto al volgere dell'anno. Tre volte all'anno ogni tuo maschio compaia alla presenza del Signore Dio, Dio d'Israele. Perché io scaccerò le nazioni davanti a te e allargherò i tuoi confini; così quando tu, tre volte all'anno, salirai per comparire alla presenza del Signore tuo Dio, nessuno potrà desiderare di invadere il tuo paese. Non sacrificherai con pane lievitato il sangue della mia vittima sacrificale; la vittima sacrificale della festa di pasqua non dovrà rimanere fino alla mattina. Porterai alla casa del Signore, tuo Dio, la primizia dei primi prodotti della tua terra. Non cuocerai un capretto nel latte di sua madre». Il Signore disse a Mosè: «Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un'alleanza con te e con Israele». Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiar pane e senza bere acqua. Il Signore scrisse sulle tavole le parole dell'alleanza, le dieci parole...)

sabato 26 luglio 2014

L'incontro di Elia con Dio, sull'Oreb

Dal 1' Libro dei Re: (Quel giorno, Acab riferì a Gezabele tutto quello che Elia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i profeti. Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: «Gli dèi mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest'ora non avrò reso la tua vita come la vita di uno di loro». Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersabea di Giuda. Lasciò là il suo servo. Egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Tornò per la seconda volta l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb.

Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Che cosa fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita». Gli disse: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. 

Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Cazael come re su Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto. Se uno scamperà alla spada di Cazael, lo farà morire Ieu; se uno scamperà alla spada di Ieu, lo farà morire Eliseo. Io, poi, riserverò per me in Israele settemila persone, tutti i ginocchi che non si sono piegati a Baal e tutte le bocche che non l'hanno baciato».